AREA QUADRI: risulta “non funzionale” l’equiparazione del settore pubblico a quello privato perché nel primo non c’è, corrispondentemente, un’Area quadri, rappresentata dal ruolo dei funzionari direttivi.
Il Parlamento Europeo segnalò, al Governo Italiano, la necessità di tale istituzione, a seguito dell’audizione chiesta e ottenuta dai vertici della Dirstat-Confedir: tale Area, prevista per legge dal 2002 e definita “vicedirigenza” è stata eliminata dal Governo Monti, con l’abrogazione della norma relativa. L’Area quadri permetterebbe, fra l’altro, alle Amministrazioni, di sostituire temporaneamente il dirigente o attribuirne funzioni vicarie, senza favoritismi, finalizzati a mettere a posti di vertice “amici di comodo” legati al politico di turno, con buona pace di un’amministrazione trasparente e “terza”. La proposta dell’area quadri formulata dalla Dirstat-Confedir era esplicata già nell’A.C. 5576 del 2013 e sarà ripresentata oltre ad altre iniziative.
Il Responsabile Confedir - Area Quadri P.A.
dott. Angelo Paone
P.A.: il governo ripristini la vicedirigenza
(ASCA) - Roma, 6 mag 2014 - ''Il problema di istituire un'area vice-dirigenziale (area quadri) ove far confluire il personale laureato ex direttivo (transitato nei livelli funzionali frammisto con personale esecutivo e d'ordine) fu affrontato e risolto nel 2002, ma - si legge in una nota della Dirstat/Confedirstat, la confederazione dei dirigenti della P.A. e delle imprese - vanificato da interventi 'politico-sindacali' poco ortodossi. L'idea di formare un'area quadri nel settore pubblico 'privatizzato' trovo' disponibile il Governo e il Parlamento, a seguito anche di una iniziativa dell'Europa, che era intervenuta sulla questione prospettatale dalla Dirstat, che fu ascoltata in seduta pubblica a Bruxelles. Tale area quadri avrebbe consentito di attingere, da tale ruolo, il sostituto del dirigente nei casi limitati e temporanei di assenza e/o impedimento del dirigente stesso, essendo sempre possibile conferire incarichi 'vicari' ad altri dirigenti. Si e' preferita, invece, la strada tortuosa e poco limpida di conferire incarichi di 'reggenza' a soggetti quasi sempre 'disponibili a tutto', senza titolo di studio (laurea), il che ha prodotto contenzioso interno (fra gli esclusi dalle reggenze e i reggenti) ed esterno (cartelle esattoriali e provvedimenti inefficaci soprattutto per le mancanze di titoli di studio e professionalita'). Il Governo Monti poi ha posto in essere, fra l'altro, una norma abrogativa della vice dirigenza. Di recente, accogliendo un ricorso di soggetti interessati, il Consiglio di Stato ha ritenuto di inviare alla Corte Costituzionale la norma abrogativa di cui innanzi, smentendo in sostanza l'operato del Governo Monti. Dal momento che il Governo Renzi si accinge a varare una 'riforma' della P.A. sarebbe quanto meno il caso - conclude la nota - che il Governo stesso, intervenisse con urgenza per ripristinare una norma di trasparenza, organizzazione e buona amministrazione, qual e' la vice dirigenza, restituendo dignita' alla funzione direttiva''. red/rf
LA VIA CRUCIS DELLA VICEDIRIGENZA
(24/04/2014) - Correva l’anno 2001 quando il Parlamento europeo – ufficio petizioni – dopo l’audizione della SOLA DIRSTAT a Bruxellesgiudicò il Governo e il Parlamento italiano inadempienti perché dopo la cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego non aveva istituito un’area quadri per il personale ex direttivo relegandolo nei livelli funzionali. Tramite l’on. Nino Gemelli del CDU censurò questo operato. Successivamente il dlgs. n. 165 del 30 marzo, art.17bis introdusse la vicedirigenza, prevedendo la costituzione di un area separata cui potevano accedere funzionari muniti di titolo accademico che avessero maturato una anzianità complessiva quinquennale nelle qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento. A dare concreta attuazione all’avvento normativo in questione provvide la Legge 15/7/2002 n.145 con cui il legislatore sacramentò l’area della vicedirigenza. Non altro poteva e doveva fare illegislatore, ed era invece dovere della P.A. organizzare il prosieguo amministrativo onde tradurre la norma in atti concreti.
A dispetto però della legittima aspettativa degli aventi diritto, la P.A. ignorò in toto il portato legislativo, mai più parlando di vicedirigenza.Grave la penalizzazione scaturitane, talchè gli interessati si videro costretti ad adire il contenzioso amministrativo culminato con sentenza 10/5/2007 n.4266 recante l’ordine ad attuare il dettato legislativo. Ma ciò non valse a rimuovere la P.A. dal letargo,tant’è che fu necessario un nuovo intervento del Giudice Amministrativo che con sentenza n.4391 del 16/5/2012 – Tar/ Lazio e per dare pieno adempimento alla sentenza n.4266 del 10 maggio 2007 fu nominato un commissario ad acta.
A questo punto la P.A. non poteva più rimanere inerte, ma doveva trovare il modo come fermare il giudizio di ottemperanza. L’unico rimedio ritenuto praticabile fu di intervenire in via legislativa, con il malcelato intento di tagliare, come si dice, la testa al toro.
Fu così che la legge 7/8/2012 n.135 art.5, di conversione del d.l. 6.7.2002 n.95, abrogò la vicedirigenza, di fatto caducando l’art.17/ bis del dlgs.165/2001 e vanificando quindi gli effetti dell’art.7c.3 della legge 145/2002. Una autentica furbata, malvestita di legalità ! Si è trattato cioè di un provvedimento calato dall’alto, una sorta di deus ex machina, venuto a risolvere una questione altrimenti non risolvibile.
Il “deus” è sceso cioè nella legge della spending review con cui chiaramente nulla ha in comune perché il risparmio sulla spesa pubblica non può attingere di certo dalla vicedirigenza. Il che significa soltanto l’urgenza di partorire una norma che rendesse improcedibile il giudizio di ottemperanza come proposto dal Commissario ad acta e confermato dal Tar-Lazio con pronuncia 9220/2012. Era però impossibile che il marchingegno potesse reggere, e infatti il Consiglio di Stato ha ravvisato non infondate le eccezioni di incostituzionalità sollevate dagli interessati in ordine alla abolizione tout court della legge sulla vicedirigenza. Alla luce degli accadimenti suesposti non servirebbero troppe argomentazioni per dire che l’odierna sentenza del Consiglio di Stato (16.4.2014 n.4211), pure al di là di ogni motivo giuridico, sembra voler confermare la ratio ispiratrice del legislatore non quello della spending review ma il legislatore del 2001 che aveva intuito il rimedio per ridare dignità alla categoria dei funzionari ex carriera direttiva. Ecco perché sembra inutile, fors’anche indecoroso, aspettare che si pronunci la Corte Costituzionale sulla rimessione ordinata dal Consiglio di Stato, piuttosto che riparare un marchiano errore per riguadagnare fiducia e credibilità. Questo l’auspicio della Dirstat che da sempre ha tutelato gli interessi e le legittime aspettative della categoria con grande impegno svolto e continuerà a svolgere.
La Segreteria Generale
QUADRI DIRETTIVI: la proposta tecnica da presentare ai parlamentari
La Dirstat ha attivato un gruppo di studio per l‘istituzione dei quadri direttivi sulla base di quanto già esistente nel settore privato che ha dato ottimi risultati, sin dal 1980, sul piano dell’efficienza aziendale, con minor dispendio economico, valorizzando le risorse umane esistenti all’interno delle amministrazioni pubbliche.
Sul fallimento della vicedirigenza, quale area propedeutica alla dirigenza, occorre segnalare alcune delle motivazioni dell’insuccesso:
a)l’area è stata connotata, dai detrattori, sin dalle sue origini, come area politica e non tecnica volta a privilegiare posizioni di rendita correlate da professionalità elevate autoreferenziali;
b)la vicedirigenza è stata considerata, dai detrattori, un ruolo ad esaurimento dispendioso del tutto affrancato da qualsiasi efficacia funzionale nell’organizzazione del lavoro delle amministrazioni pubbliche: ciò non avrebbe adeguatamente premiato il rendimento e l’effettiva professionalità realmente acquisita sul posto di lavoro. Una posizione organizzativa – secondo gli avversari – senza una valutazione oggettiva delle funzioni svolte nell’ambito degli uffici di appartenenza;
c)la sproporzione numerica tra dirigenti (circa 3.000) e i destinatari della vicedirigenza, ope legis (circa 15.000) non avrebbe permesso ai dirigenti (in un rapporto medio di uno a cinque) la possibilità di delegare ovvero distribuire equamente funzioni e competenze ai vicedirigenti, nei termini consentiti dal dlg. 165/01. In sostanza la conflittualità derivante dall’ingestibilità delle risorse umane è stata una delle motivazioni preponderanti degli avversari sindacali (CGIL-CISL-UIL);
d) nessun partito politico, infine, né di maggioranza né di opposizione, ha tentato di ostacolare l’abrogazione della vicedirigenza avvenuta il 6 luglio 2012 così come confermata definitivamente il 7 agosto 2012 (le motivazioni economiche, addotte dal governo, per ridurre le spese, note come “spending review” sono state accolte ad unanimità).
Il Governo tecnico di Monti, dunque, ha stroncato sul nascere l’intervento del Commissario ad acta designato; questi avrebbe dovuto obbligare la Funzione Pubblica a dare attuazione alla vicedirigenza.
E’ noto, infatti, come con il D.L. 6 luglio 2012 n. 95, pubblicato sulla G.U.R.I. n. 156 del 06.07.2012, recante “disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” (meglio nota come spending review), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 135 ha disposto l’abrogazione dell’istituto della vidirigenza, introdotto a suo tempo giusta L. n. 145/2002, modificativa dell’art. 17 del D.lvo n. 165/201.
L’intercorsa cancellazione della Legge cit. sottende uno scopo precipuo del Governo del quale evidentemente non vi è prova ma un fortissimo sospetto: quello di neutralizzare l’attività conformativa alla quale il Dipartimento della Funzione Pubblica, per il tramite del commissario ad acta, all’uopo designato, era stato condannato giusta sentenza T.A.R. Lazio n. 4391 del 16/05/2012 di cui si era dato ampio risalto nella ns. precorse informative.
L’abrogazione della vicedirigenza, tuttavia, non ha esaurito la nostra ricerca di un’area professionale e tecnica che consenta di premiare i più meritevoli per l’accesso selettivo alla dirigenza, valorizzando le risorse umane all’interno di ciascuna amministrazione pubblica.
“Conditio sine qua non” è il possesso della laurea: i quadri direttivi sono già una realtà esistente, nelle aziende private, sin dal 1980 e trovano una specifica collocazione nei rispettivi CCNL, puntualmente rinnovati e firmati dalle le parti sociali (vedasi, in proposito, anche il CCNL dei dipendenti delle imprese creditizie, finanziarie e strumentali dell’8 dicembre 2007).
Non si tratta, dunque, di partire da un’ ipotesi di lavoro; il nostro progetto nasce da contratti collettivi vigenti.
Pertanto, prendendo spunto dall’equiparazione tra settore privato e pubblico, così spesso evocata, la proposta di istituire i quadri direttivi si fonda su basi concrete.
Da queste si può partire, con le opportune modifiche dovute all’adeguamento delle norme privatistiche alle realtà delle amministrazioni pubbliche.
Il Segretario Generale Agg.
Angelo Paone
VICEDIRIGENZA: LA PARTITA SI RIAPRE CLAMOROSAMENTE.
NOMINA COMMISSARIO AD ACTA PER ESECUZIONE SENTENZA TAR LAZIO N. 4266/2007.
La Sez. IA del T.A.R. Lazio, con sentenza n.4391 del 16.05.2012 ha, all'esito della camera di consiglio del 4 aprile u.s.,fissata per la deliberazione della domanda di nomina di commissario ad acta ex art. 117, comma 3 del C.P.A., proposta per il perdurante inadempimento della sentenza n. 4266/2007, ha testualmente:
a) accertato che le Amministrazioni resistenti non hanno dato esecuzione atta sentenza T.A.R. Lazio, I, 10 maggio 2007, n. 4266, passata in giudicato;
b) nominato, per l'effetto, ex art. 117, J37A comma c.p.a., per l'esecuzione detta decisione sub a),commissario ad acta il capo prò tempore del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi presso al Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza facoltà di subdelega, assegnandogli termini di sei mesi dalla comunicazione ovvero dalla notificazione della presente decisione per il compimento dell'ufficio
Orbene non vi è dubbio che la statuizione in epigrafe conferma la bontà delle nostre azioni giudiziarie.
Infatti nella parte motiva della sentenza n. 4391/2012 si da atto come l'obbligo di emanare la famosa direttiva o atto di indirizzo sia rimasto del tutto pretermesso, non potendosi configurare come tale (cosa che si è ribadita da parte dello scrivente in ogni atto defensionale sino ad oggi prodotto), la direttiva emanata nel maggio 2007 ma che, in realtà, si limitava a sollecitare le partì contrattuali ad introdurre, in sede di rinnovo dei CC.CC.NN.LL., generiche previsioni relative ad un'eventuale ricollocazione migliorativa delle cc.dd. "elevate professionalità".
Sempre nella parte motiva della sentenza in discorso si da atto di come debba ritenersi inconferente ai fini che ci occupano la norma interpretativa di cui all'art. 8 Legge n, 15/2009.
La Segreteria
Vicedirigenza: sentenza favorevole del 16 marzo 2010 anche per le AGENZIE FISCALI
TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE LAVORO 2^- V.le G. Cesare n. 54
N. 4663/2010
ANNO
2010
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Giudice designato, Dott.ssa
Claudia Canè, all’udienza del 16.3.2010
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
sul
ricorso
proposto dal Sig. D’Aronzo Luigi + altri 14
c
o n t r o
Agenzia delle Dogane in persona del Direttore in carica
DISPOSITIVO: “il ricorso deve essere accolto nei termini che seguono. Secondo le parti ricorrenti il diritto alla qualifica nascerebbe direttamente dalla legge sulla base dell’art.17 bis Dlgs 165/01, essendo i ricorrenti, alla data di entrata in vigore della legge, tutti inquadrati come direttori tributari C3 da più di cinque anni appartenenti al Comparto Ministeri e distaccati presso l’Agenzia delle Dogane. In particolare l’art.17 bis del Dlgs 165/01, introdotto dall’art.7 co. 3 della legge 145/02 prevede: (Vicedirigenza)
1- “la contrattazione collettiva del Comparto Ministeri disciplina l’istituzione di un’apposita area della vicedirigenza nella quale è ricompresso il personale laureato appartenente alle posizioni C2 e C3 che abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità in dette posizioni o nelle corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento. In sede di prima applicazione la disposizione di cui al presente comma si estende al personale non laureato che, in possesso degli altri requisiti richiesti, sia risultato vincitore di procedure concorsuali per l’accesso alla ex carriera direttiva anche speciale. I dirigenti possono delegare ai vice dirigenti parte delle competenze di cui all’articolo 17;
2- la disposizione di cui al comma 1 si applica, ove compatibile, al personale dipendente dalle altre amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, appartenente a posizioni equivalenti alle posizioni C2 e C3 del Comparto Ministeri; l’equivalenza delle posizioni è definita con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Restano salve le competenze delle regioni e degli enti locali secondo quanto stabilito dall’articolo 17”
L’art. 10 comma 3 della legge 145 del 2002 stabilisce che: “la disciplina relativa alle disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 17, che si applicano a decorrere dal periodo contrattuale successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, resta affidata alla contrattazione collettiva, sulla base di atti d’indirizzo del Ministro per la funzione pubblica all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) anche per la parte relativa all’importo massimo delle risorse finanziarie da destinarvi”.
Pertanto l’art. 10 differiva la regolamentazione dell’istituzione di una nuova area al periodo contrattuale successivo a quello in corso, quale il 2002, essendo la data di entrata in vigore della legge quella di luglio 2002. Quindi, il periodo contrattuale successivo sarebbe andato a coincidere con il quadriennio successivo, 2006-2009. In ottemperanza a quanto disposto da tale ultimo articolo il Dipartimento della funzione pubblica ha emesso l’atto d’indirizzo per il contratto collettivo nazionale quadro sulla definizione dei comparti di contrattazione collettiva delle amministrazioni dello Stato per il periodo 2006-2009, stabilendo che l’ARAN nell’occasione della stipula del presente contratto quadro dava attuazione a quanto previsto dall’art. 7 comma 3 della legge 145 del 2002 in ordine alla costituzione di un’apposita area per il personale della vicedirigenza e che “circa la decorrenza dell’inquadramento va considerato quanto disposto dall’art.10 della legge 145 del 2002 che stabilisce che le disposizioni in oggetto si applicano a decorrere dal periodo contrattuale successivo a quello in corso che dovrà essere fatto coincidere con la stipula dei contratti collettivi relativi al quadriennio 2006/2009 e primo biennio 2006.2007”. Solo con la Legge 266 del 2005 è stata poi disposta la copertura di spesa per l’attuazione dell’art. 17 bis citato.
Sulla base di tali disposizioni appare evidente che all’art. 17 bis non può essergli riconosciuta una portata precettiva proprio perché il legislatore ha voluto prevedere una fattispecie graduale a formazione progressiva demandata all’autonomia negoziale sulla base dell’atto d’indirizzo posto in essere dal Ministero. Il diritto dei ricorrenti nasce solo nel momento in cui si perfeziona l’iter con l’emanazione del sopra indicato atto d’indirizzo, intervenuto nel marzo 2006, senza il quale la contrattazione collettiva non avrebbe potuto intervenire a disciplinare la materia ad essa demandata.
Si può dunque ritenere che solo a seguito dell’emissione del predetto atto si possa parlare di diritto dei ricorrenti ad ottenere l’inquadramento nella qualifica della vicedirigenza essendo a quella data intervenuta la copertura finanziaria e non avendo, invece, la contrattazione disciplinato l’area nella tornata contrattuale 2006-2009. Pertanto, proprio dalla mancata regolamentazione dell’area della vicedirigenza con il CCNL 2006-2009 la P.A. si è mostrata inadempiente a quanto demandato e dal termine iniziale di validità del CCNL invocato nasce la responsabilità in capo all’amministrazione relativa al mancato riconoscimento ai ricorrenti del diritto al predetto inquadramento.
Ciò detto non può non affermarsi la nullità di un contratto nella parte in cui non prevede alcunché e tale principio vale anche per il CCNL Agenzie Fiscali.
Circa i lamentati danni la domanda non può essere accolta. In particolare il danno alla professionalità non può essere riconosciuto posto che i ricorrenti non deducono quale possa essere in concreto il danno derivante dal mancato esercizio dell’attività relativa alla vicedirigenza con particolari indicazioni del settore in cui essi operano.
Lo stesso discorso deve effettuarsi con riferimento al danno di perdita di chance, laddove i ricorrenti parlano di generici incarichi, senza specificazione alcuna al particolare incarico che gli stessi avrebbero potuto svolgere se debitamente inquadrati. Infine, il danno non patrimoniale all’immagine, alla vita lavorativa, all’esplicazione della personalità sul luogo di lavoro non può essere configurato posto che i ricorrenti lamentano un mancato riconoscimento di una qualifica senza dedurre un peggioramento delle proprie condizioni di vita lavorativa né allegare alcuna circostanza effettiva che abbia inciso sull’esplicazione della propria personalità. Pertanto l’unico effettivo danno subito è quello derivante dal mancato inquadramento nell’area della vicedirigenza dal momento in cui tale inquadramento era suscettibile di intervenire, ma tale danno appare congruamente ristorato con il riconoscimento del diritto dei ricorrenti all’inquadramento rivendicato e con la condanna dell’amministrazione resistente ad inquadrare ai fini giuridici ed economici i ricorrenti come tali a decorrere dalla data di entrata in vigore del CCNL 2006-2009.
Il parziale accoglimento del ricorso e la complessità della normativa richiamata suscettibile di diverse interpretazioni giustificano la compensazione delle spese di lite
PQM
Definitivamente pronunciando ogni contraria eccezione e/o istanza disattese:
dichiara il diritto dei ricorrenti all’inquadramento nell’Area della Vicedirigenza dalla data di entrata in vigore del CCNL personale comparto Ministeri quadriennio 2006/2009 e conseguentemente condanna la resistente ad effettuare il predetto inquadramento ai fini giuridici ed economici.
Roma 16 marzo 2010
IL GIUDICE
f.to Claudia CANE’
TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE LAVORO 3^- V.le G. Cesare n. 54
N.
10436/2009 Reg.Gen.
SENT.
N. 12847
ANNO
2009
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Giudice designato, Dott. Grisanti, all’udienza del 17.7.2009 ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
sul
ricorso
proposto dal Prof.
Avv.
Nicola DE MARINIS
c
o n t r o
Ministero della Giustizia
All’udienza del 17 luglio 2009
DISPOSITIVO: definitivamente pronunciando dichiara il diritto del ricorrente all’inquadramento nell’area della vicedirigenza a norma dell’art. 17 bis D.lgs 165/2001. Dichiara altresì tenuta parte resistente a risarcire il danno conseguito al ricorrente per effetto del mancato riconoscimento dell’accesso alla vicedirigenza nonché del danno alla professionalità frustrata dalla mancata progressione in carriera che liquida in euro 15 mila secondo equità nonché a pagare le spese del giudizio liquidate in euro 4.000,00 + 12,5% spese generali, IVA e CPA.
Il Giudice
F.to E. Grisanti
Espone l’Avv. De Marinis:
“A sostegno delle domande proposte, il ricorrente, con inquadramento nell’Area C , pos. ec. C3 evidenzia che l’art. 17 bis l.n. 145/2002 ha previsto l’istituzione di apposita area della vicedirigenza di personale laureato appartenente alle pos. C2 e C3, esteso in prima applicazione al personale non laureato vincitore di procedure concorsuali per accedere all’ex carriera direttiva, corrispondente all’ex carriera direttiva 8^ e 9^ q.f.; che la disciplina della vicedirigenza dell’art.10 l.cit. è affidata alla contrattazione collettiva sulla base di atti d’indirizzo del Ministero per la funzione pubblica all’ARAN anche per la parte relativa alle risorse finanziarie; che è da lungo tempo mancato qualsivoglia atto d’indirizzo, che è stato emanato solo il 15.3.2006 e che, nelle more, e a tutto oggi, i contratti collettivi non hanno ancora regolamentato la istituita categoria della vicedirigenza; che in realtà non supplisce alla mancanza dell’atto di cui sopra quello emanato il 15.3.2006 riguardante esclusivamente la modifica dell’accordo quadro nei comparti di contrattazione per il periodo 2006-2009 ed anche perché, al riguardo la disciplina della vicedirigenza inoltre rinvia ingiustificatamente ad una indefinita futura sede negoziale la regolamentazione di un interesse concreto ed attuale dell’esponente. Aggiunge che non essendo ancora stata disciplinata la categoria della vicedirigenza né recepita dal ccnl, egli si è visto svilire il suo diritto alla suddetta qualifica e subito nocumento da tale situazione. Afferma, poi, che la disposizione dell’art. 17 bis l.cit. avrebbe carattere precettivo e non meramente programmatico: in quanto tale, sarebbe immediatamente applicabile quale espressione, nel sistema del pubblico impiego, dell’area intermedia dei quadri introdotta, nel settore privato, con la legge n. 190/85; ragion per cui, a dir suo, richiamando, anche una giurisprudenza di legittimità in materia di quadri nell’impiego privato, il giudice ben potrebbe attribuire la qualifica, rivendicata dal ricorrente, tenendo conto delle indicazioni specifiche di legge, ed anche astraendo dalla mancanza, in atto, di una regolamentazione contrattuale dell’area. Deduce, inoltre, che dall’inerzia rappresentata e dall’oggettivo affidamento riposto nell’applicazione solerte e puntuale del disposto di legge gli è derivato un danno sotto l’aspetto della perdita di “chance” professionali mentre la corretta collocazione contrattuale sarebbe dovuta essere quella del ccnl dirigenza A1 sottoscritto il 21.4.2006 con la previsione di due separate sezioni del ccnl medesimo, come del resto previsto già per i professionisti degli enti pubblici economici”.
L’Amministrazione contesta:
“La materia oggetto del contendere sarebbe ex art. 17 dlgs. N. 165/01, di competenza esclusiva della contrattazione collettiva; sotto altro aspetto, sarebbe vincolata al rispetto delle dotazioni organiche, nonché alle assunzioni tramite procedure selettive. Diversamente opinando si giungerebbe ad un passaggio in blocco di un cospicuo numero di personale in ps. C2 e C3 in catg. Superiore ad area distinta, senza il rispetto dei criteri selettivi dianzi richiamati. Fa in ogni caso presente che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art.8 l. n. 15/2009, introducente una norma d’interpretazione autentica, la vicedirigenza resta disciplinata esclusivamente ad opera nell’ambito della contrattazione collettiva”.
Il Giudice (E. Grisanti):
Motivi della decisione.
“Il ricorso è fondato e, nei limiti e per le ragioni qui di seguito esposti, merita di essere accolto. Preliminarmente questo giudicante reputa opportuno se non necessario, porre in rilievo la genesi storica della disposizione dell’art.17 bis del d.lvo n. 165/2001 che ha istituito la categoria dei vicedirigenti. Trattasi chiaramente, nella specie, di posizioni lavorative differenziate rispetto al restante personale impiegatizio, tanto più che la stessa norma prevede la possibilità che i dirigenti possano delegare ai vicedirigenti parte delle competenze di cui al precedente art.17 (ovverosia competenze attuative di progetti di direzione e coordinamento degli uffici e della gestione del personale): disposizione, quest’ultima – si noti – di immediata attuazione perché non condizionata a disciplina contrattuale di sorta. Pertanto, in conformità della “ratio” della norma di legge, inserita nel contesto del riordino della dirigenza, e di fronte ad una riserva della autonomia collettiva che disciplina “l’apposita separata area della vicedirigenza” (usando l’espressione legislativa) l’interprete, lungi dal ritenere non di immediata, cogente applicazione l’stituto in parola, è, al contrario, autorizzato ad individuare nella precitata disposizione di legge non semplicemente la mera introduzione di una categoria (quella della vicedirigenza) operativa solo e subordinatamente alla stipulazione del ccnl concerenete la stessa categoria, ma piuttosto quegli elementi e requisiti dell’area che la stessa fonte primaria si è preoccupata di fissare sia riguardo all’inquadramento del personale che di appartenenza alla categoria, fissando una sorta di confine soggettivo del personale appartenente alla nuova area, in tal modo comprimendo l’ambito di operatività della contrattazione collettiva. Ciò premesso, deve lo stesso decidente dar conto, in ciò disattendendo la tesi del Ministero resistente, secondo cui la mancata attuazione dell’art. 17 bis, da parte del ccnl comparto Ministeri per gli anni 2006-2009, renderebbe vana la postulazione di giustizia degli odierni ricorrenti, che nella fattispecie, sono stati emessi gli atti amministrativi preliminari alla disciplina della nuova area, istituita per legge, ovverosia: 1) la direttiva indirizzata all’ARAN per l’individuazione delle OOSS rappresentative della vicedirigenza legittimate al tavolo contrattuale (v. all.2 al ricorso doc. 15.3.2006); 2) e per i comparti non ministeriali, il D.I. di concerto con il MEF circa le posizioni equivalenti al C2 e C3 comparti Ministeri, nei restanti settori del pubblico impiego. In buona sostanza, con tali atti ammnistrativi, si è inteso “implementare” la disposizione di legge riconoscendo che la categoria dei vicedirigenti svolge funzioni di diretta collaborazione con i dirigenti, oltre che vicarie degli stessi con l’assunzione di responsabilità e compiti che il legislatore stesso non poteva più negare tanto da prevedere, contestualmente alla sua istituzione, anche l’esigenza di una apposita area contrattuale, alla medesima maniera in cui la vicenda si è sviluppata per i cd. “quadri”, finalmente riconosciuti, nell’impiego privato con la legge n. 190/85; che ha tenuto conto presente l’obiettivo dell’organizzazione del lavoro per processi e secondo un modello, in definitiva non dissimile dall’esperienza dei quadri nata nell’impiego privato, che vede nel vicedirigente la figura ed il soggetto di referenza cui, per competenza e professionalità, possono, appunto, essere delegate funzioni dirigenziali. Ciò posto e preso atto che i ccnl del comparto Ministeri, segnatamente quello del 2006-2009, non hanno ancora disciplinato l’istituto in esame, non di meno, contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa della resistente amministrazione, secondo cui a ciò sarebbe esclusivamente autorizzata la fonte patrizia, con esclusione di qualsivoglia altra sorta di fonte eteronoma, tanto meno giudiziaria, ravvisa questo decidente, disattendendo in ciò il rilievo circa l’asserita derogabilità da parte del ccnl alla disciplina legale, in ciò seguendo un’autorevole orientamento della giurisprudenza della legittimità in materia di pubblico impiego in base al quale “l’efficacia derogatoria riconosciuta al contratto collettivo rispetto alla legge, ai sensi dell’art. 2 d.lvo n. 165/2001, presuppone che la legge della cui deroga si tratti non investa la parte collettiva del compito della propria attuazione” (così Cass. 27-9.2005 n.18829). Nel caso di specie, è proprio l’art.17 bis l.cit. che rinvia alla contrattazione collettiva la disciplina dell’istituto della vicedirigenza; ragion per cui, ove i ccnl non applichino la vicedirigenza nel termine dell’approvazione del ccnl medesimo, è lo stesso organo giudicante ad attribuire la qualifica ai lavoratori aventi i requisiti legislativi prescritti e ciò, in modo analogo, a quanto vien rilevato nel lavoro privato per la qualifica di “quadro”; avendo la norma in parola carattere inderogabile. Non può mancare di osservarsi, infatti, in conformità di un orientamento della Suprema Corte di Cassazione (v. “ex multis” Cass. 2246/95 e 12214/98) che quando una disposizione attribuisce diritti soggettivi immediati ed incondizionati non vi è motivo per negare precettività, cioè immediatezza di applicazione, alla norma che, nella fattispecie, istituisce una categoria. E ciò a riconferma dell’inderogabilità del suddetto art 17 bis. Né, sempre ad avviso del giudicante, può in alcun modo reputarsi ostativo all’accoglimento del presente ricorso il tenore letterale dell’art. 8 della l. n. 15/2009, richiamato dalla difesa dell’amministrazione resistente in memoria poiché, a ben vedere, tale norma se, da un lato, riguardata come interpretativa, e, pertanto, applicabile con efficacia retroattiva, dimostrerebbe, con la espressa ed esclusiva investitura della contrattazione collettiva a fonte esclusiva la pur contestata (dal Ministero) natura precettiva e non semplicemente programmatica dell’art. 17 bis l.cit. tanto da doversi precisare, a livello di fonte primaria, che le parti sociali sono abilitate a dar contenuto ed attuazione alla categoria della vicedirigenza prefigurata dal legislatore del 2002 ma di ciò non vi era necessità stante la istituzionale funzione di rappresentanza delle OOSS. Difettano i presupposti per poter ricostruire la disposizione dell’art. 8 l.n.15/09 in termini abrogativi; il criterio interpretativo fondamentale che presiede all’atto legislativo è quello secondo cui la legge stessa va interpretata dapprima e prevalentemente secondo il suo senso letterale e testuale, ossia, il principio secondo cui l’atto stesso deve essere interpretato nel senso in cui può avere qualche effetto anziché in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno. In buona sostanza qui si vuol dire che non vi era bisogno di una disposizione quale quella dell’art.8 in esame che dicesse quel che è già immanente al sistema costituzionale, cioè che l’autonomia collettiva è abilitata a stipulare contratti collettivi. A ciò consegue la superfluità della norma interpretativa che, pertanto, può essere “disapplicata”, sostenendosi qui invece la permanenza della natura precettiva dell’art. 17 bis anche nella vigenza dell’art. 8 e, quindi, dell’interesse del ricorrente ad agire anche nel nuovo quadro normativo e nonostante l’inesistenza di una disciplina a livello di contrattazione collettiva della vicedirigenza”.
P.Q.M.
DISPOSITIVO: definitivamente pronunciando dichiara il diritto del ricorrente all’inquadramento nell’area della vicedirigenza a norma dell’art. 17 bis D.lgs 165/2001. Dichiara altresì tenuta parte resistente a risarcire il danno conseguito al ricorrente per effetto del mancato riconoscimento dell’accesso alla vicedirigenza nonché del danno alla professionalità frustrata dalla mancata progressione in carriera che liquida in euro 15 mila secondo equità nonché a pagare le spese del giudizio liquidate in euro 4.000,00 + 12,5% spese generali, IVA e CPA.
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